19 maggio 2015

Champions Asia 2015: com'è andata la fase a gironi/1



Siamo quasi pronti, a breve sarò on line MondoFutbol, il nuovo sito dedicato al calcio internazionale ( siamo già online con un account twitter @MondoFutbolCom e potete già scriverci con suggerimenti e sengnalazioni a info@mondofutbol.com). Dopo la presentazione dell'Europeo under 17, ecco un'altra succosa anteprima di come MF tratterà il futbol del mondo. Qui il grande Nello, ci fa un riassunto della Champions asiatica. Oggi si concentra sui gironi dell'Ovest.





Corea del Sud e Uzbekistan sono lo zenit e il nadir dell’edizione numero trentaquattro dell’AFC Champions League, la massima espressione calcistica per club orientali, fac-simile del quasi omonimo torneo europeo.
Ad una attenta osservazione lungo l’arco delle sei giornate che hanno caratterizzato la “group stage”, però, ci si accorge che l’altezza e la depressione dei poli non hanno coinciso sempre con i valori dei club delle suddette nazioni.
Per farla breve, è stata una fase vibrante, ricca di incontri incerti e sorprese, nonostante ci si trovasse dall’altra parte del mappamondo, nella Confederazione asiatica, una porzione di Terra dove il pallone rotola ancora nella penombra e il futbol è ritenuto, a torto, materia minore.
Una fase che, come anticipato, è stata contraddistinta dall’en plein delle compagini sudcoreane, storicamente regine di questa manifestazione (dieci le affermazioni), per quanto riguarda la fascia orientale (gironi E-H), e della disfatta di quelle uzbeke nella metà occidentale (gironi A-D), con in mezzo l’eliminazione degli australiani del Western Sydney, campioni uscenti.
Andando per ordine e nel dettaglio, questi i verdetti. 



GIRONE A

Dopo un lungo testa a testa il Lekhwiya SC (Qatar) l’ha spuntata sul Persepolis (Iran).
Allenato da Micheal Laudrup, la cui intuizione migliore è stata quella di abbandonare il Sistema proposto nella gara d’esordio, il team di Doha ha cavalcato l’entusiasmo che anima l’emirato in vista dei Mondiali casalinghi del 2020, costruendo la propria qualificazione sul blocco straniero, pur ridotto a quattro unità (tre extra-continentali più un asiatico) dalle norme federali interne; una sorta di handicap considerate le rose delle avversari infarciti di giocatori provenienti da ogni parte del globo. Eppure, grazie all’esperienza e al cinismo di quei pochi che hanno saggiato un certo tipo di calcio, “I cavalieri rossi” hanno saputo esprimersi su discreti livelli, animati dall’imprevedibilità di Vladimír Weiss, vecchia conoscenza dei tifosi del Pescara, e di Tae-Hee Nam, attaccante esterno nato in Corea del Sud, per la cui Nazionale suda, e cresciuto fra Inghilterra (Reading) e Francia (Valenciennes), entrambi innescati dal delizioso destro del tunisino Youssef Msakni. Sventagliate improvvise, duetti stretti per vie centrali e attenzione difensiva (merito a Chico, spagnolo passato per la bottega genoana di Preziosi): una formula tanto semplice quanto efficace. Non è stato da meno il Persepolis, a tre anni dall’ultima partecipazione. Nell’economia della lotta alla prima piazza ha pesato l’infortunio patito da Fernando Gabriel (frattura del cranio, nda), autentico tesoro degli iraniani, non a caso venuto alla luce ad Eldorado, nello stato di San Paolo.
È stato lui a catalizzare per lunghi tratti il gioco dei Pirouzi, più fluido e arioso rispetto a quanto accade in Persian League contro rivali chiuse a riccio.
Grazie al sinistro potente del carioca è stato possibile proporre un’ alternativa alle incursioni e al pressing di Mohammad Nouri, accantonando di fatto il possesso palla prolungato in favore di una ricerca della profondità continua, habitat naturale di Mehdi Taremi, punta classe ’92 di grande personalità e intelligenza tattica, condiviso con Omid Alishah, ala tascabile poco lucida sotto porta ma importante in fase di ripiegamento. Altro elemento in vista Sosha Makani, portiere che fa a voce grossa nelle uscite alte e si sgola per far tenere le posizioni ai difensori, piuttosto disattenti in marcatura e superabili in campo aperto. Resta fuori il Bunyodkor (Uzbekistan), che ha pagato a caro prezzo qualche leggerezza difensiva, più dei singoli che di reparto, e l’assenza di un finalizzatore (2 le reti segnate), nonostante Sardor Rashidov abbia dimostrato qualità atletiche e tecniche sopra la media. Da segnalare il buon rendimento di Jovlon Ibrokhimov, centrocampista dal baricentro basso e dal moto continuo, e Akramjon Komilov, diciannovenne terzino sinistro di spinta. Salutano la manifestazione anche i sauditi dell’Al-Nasr Riyad, muscolari e poco creativi nella costruzione del gioco al punto da vanificare le folate offensive coordinate da Adrian Mierzejewski, trequartista polacco che ha vestito i colori sociali del Trabzonspor.



GIRONE B 

Habitué della contesa (12 partecipazioni, nessun altro come gli uzbeki), il Pakhtakor ammaina le vele prima del previsto, toppando gara sei contro il già eliminato Al-Shabab (Arabia Saudita). Colpito a freddo da un colpo di testa Mousa Al Shammari, l’undici di Samvel Babayan non ha saputo sfruttare il fattore campo e lo stato di grazia di Igor Sergeev, astro nascente della vecchia Oliy Liga, già ammirato ai mondiali U20 nel 2013.
Sono servite a poco pure la mobilità di Jamshid Iskanderov, centrocampista offensivo la cui esplosività non fa pari con la statura (solo 168 cm di altezza), la perspicacia di Sherzodbek Karimov e le proprietà senza palla del georgiano Kakhi Makharadze, tutte battute da un Naft Teheran regolare e indomito.
Uno spirito ben incarnato dalla spina dorsale della creatura di Ali Reza Mansourian: il reattivo Alireza Beiranvand in porta, da poco finito nel giro del Tim Melli, Alireza Ezzati a strappare palloni a centrocampo e Iman Mobali a imbeccare, in corsa o con calci da fermo, le punte, a loro agio sia nel gioco d’area che in quello di rimessa.
In quest’ultimo campo va a nozze l’Al-Ain (Emirati Arabi Uniti), prima forza del raggruppamento, con un motto urlato a squarciagola e concretizzato sul tappeto verde: – Vade retro catenaccio! -
La strategia adottata dai detentori della Coppa del Presidente aborrisce ogni forma di attendismo e punta a creare occasioni da rete sfiancando le rivali con una gestione di gara oculata e cambiando pelle attraverso l’ispirato Mohamed Abdulrahman, mezzapunta e fratello di quell’Omar applaudito a più riprese nell’Asian Cup dello scorso gennaio, anch’egli facente parte della rosa ma, causa noie muscolari, utilizzato col contagocce, o sganciando Myung-Joo Lee e Helal Saeed dai compiti di copertura per sfruttare penetrazioni centrali.
Si passa così dall’albero di Natale al 4-2-3-1 al sapore di rettangolo magico e viceversa.
Ma restando ai numeri è sulla regola del tre che si basano le fortune degli emiratini. Tre come i gol messi a segno da Asamoah Gyan e come i compagni di merende del ghanese (Miroslav Stoch, passato velocemente per Stamford Bridge, Ibrahim Diakye, ivoriano alla soglia dei 33, e Jirès Kembo-Ekoko, senza farlo apposta, 3 reti con la Francia U21). Manca solo l’ultimo tassello a completare il triangolo: la terza finale.
 


GIRONE C


Senza ostacoli il passaggio del turno da parte dell’Al-Hilal, una delle squadre di Ryad (le altre sono l’Al-Nassr e l’Al-Shabab) presenti a questa fase dell’AFC Champions League. Una qualificazione poggiata sulle due colonne greche, Georgios Donis in panchina e Georgios Samaras in attacco, e abbellita dalle linee di passaggio di Thiago Neves, bronzo olimpico a Pechino 2008 con la divisa verdeoro, e da una base solida come l’intesa fra Digão e Tae-Hwi Kwak, i due centrali di difesa. Tutto piuttosto facile. Per il resto a coprire le piccole pecche ci ha pensato la grande freschezza atletica (guida Ciprian Panait, tecnico rumeno con curriculum da preparatore atletico niente male), nonostante l’età media non sia la più bassa della manifestazione. Per questo è giusto segnalare i giovani Khalid Al-Kabi, prestante “delantero” a cui piace svariare su tutto il fronte d’attacco, Yasir Al-Shahrani e Salem Al-Dawsari, rispettivamente laterale basso e alto della catena di destra dei sauditi, nonché elementi molto utili per ottenere la superiorità numerica e passare agilmente, anche a partita in corsa, dal 4-2-3-1 al 3-5-2.
Più complicato l’accesso agli ottavi del Al-Sadd (Qatar), che ha dilapidato il vantaggio dell’andata (+ 4 sul Foolad Khouzestan (Iran)) mettendo a serio rischio le aorte dei propri tifosi. Tutto si è risolto nello scontro diretto, in un semideserto Jassim Bin Hamad Stadium e grazie al gol scaccia-paura del brasiliano Muriqui, fra i pochi volti degni di nota della squadra, se si pensa che vecchie volpi come Grafite e Nadir Belhadj tirano ancora la carretta, godendo, va ammesso, dell’ammirabile assistenza di Khalfan Ibrahim, folletto della trequarti qatariota.
Dopotutto, giusto così. Perché se è vero che la macchina di Houcine Ammouta si è ingolfata di punto in bianco, il Foolad del 19enne Hadi Habibinejad, scarso impiego ma un sinistro tutto da scoprire, non ha dato l’impressione di essere superiore sia nel doppio confronto che nel prosieguo del girone, racimolando in tutto una sola e soffertissima vittoria, all’ultima giornata, a spese del fanalino di coda, la Lokomotiv Tashkent, nella quale hanno salvato la faccia soltanto gli acquisti d’inverno, il centrocampista Sanjar Shaakhmedov, l’ala ex-Hajduk Spalato Temurkhodja Abdukholiqov e Sardor Mirzayev, di rientro dal prestito al Neftchi Fergana.



GIRONE D

Finalmente la maledizione è stata rotta. Dopo sei tentativi andati a vuoti l’Al-Ahli, il club più titolato degli Emirati Arabi Uniti, ha centrato lo storico passaggio agli ottavi nel momento meno fortunato per i rossi di Dubai, fuori dai giochi in Arabian Gulf League, un campionato stracciato poco meno di un anno fa. Una qualificazione sudata, raggiunta in extremis per mano, o meglio testa, di Ahmed Khalil, fra i migliori centravanti annusati nella recente Coppa d’Asia. Una rete che ha permesso di agguantare il Nasaf (Uzbekistan) a 8 punti e averne la meglio in virtù dello scontro diretto (0-0 in casa, 0-1 a Qarshi). Comunque sia, un risultato minimo per una compagine allestita con ben altre ambizioni da un presidente, lo sceicco Abdullah Saeed al Naboodah, tornato mattatore del mercato a suon di dirham. Nella lista dei nuovi ospiti dei lussuosi alloggi di Jumeirah sono finiti Éverton Ribeiro, autore della marcatura decisiva contro il Nasaf, Oussama Assaidi, ala marocchina proveniente dal Liverpool, e il centrocampista difensivo Kyung-Won Kwon, che si aggiungono ai noti Luis Jimenez, trequartista della prima Inter manciniana, e Ismail Al Hammadi, oltre cinquanta presenze con nazionale emiratina.
Un potenziale offensivo straordinario ma non sempre bilanciato da un’attenzione difensiva ad hoc, a partire dal portiere (disastroso Majed Naser, incerto Ahmed Mahmoud).
Il Nasaf ha patito il problema opposto. Fermi ai box Kenja Turaev e Azamat Allaniyazov, il tecnico Ruzikul Berdiev non ha avuto altra scelta che affidarsi alla fantasia del turkmeno Artur Gevorkyan, 3 reti ma anche tanti passaggi a vuoto. Scialbo il girone di Ilkhom Shomurodov, unica punta di rilievo a disposizione per gli uzbeki, di cui resta impresso una rete da cineteca al Tractor Sazi, il team iraniano di Edinho e Andranik Teymourian, e poco altro.
Spunti a raffica, invece, per un Al-Ahli Jeddah (Arabia Saudita) determinato, compatto in difesa e con delle incredibili bocche di fuoco in avanti, su tutte Omar Al-Soma, numero 9 che sa lavora bene con il fisico e diventa implacabile se gli si lascia spazio in area di rigore.
La sensazione è che sia il ventiseienne siriano, sia la squadra che supporta diranno tutto a partire dalla fase ad eliminazione diretta, convinti di far meglio del secondo posto del 2012.


Aniello Luciano (@AnielloLuciano)

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